

Dichiarazione del segretraio generale Uil ER, Marcello Borghetti sui dati Inail relativi la sicurezza sul lavoro
Nei primi sette mesi del 2025 l’Inail ha registrato in Emilia-Romagna 45.018 denunce di infortunio, un dato stabile rispetto alle 45.438 dello stesso periodo del 2024. Più significativa la flessione dei casi mortali: 47 contro i 61 dei primi sette mesi del 2024 (Scarica qui lo studio)
Dentro a questi numeri rientrano anche le morti in itinere, spesso legate allo stress lavoro-correlato e a una mobilità congestionata. A questo si sommano le patologie professionali, che richiamano l’attenzione sulla prevenzione più ampia della salute nei luoghi di lavoro.
Un calo che quindi non consola. “Dietro queste cifre ci sono vite spezzate, famiglie distrutte, diritti violati. Non possiamo accettare che la sicurezza venga subordinata al profitto o alla fretta produttiva”.
La UIL ribadisce la necessità di rafforzare e investire su formazione, prevenzione e controlli. “Servono campagne nelle scuole, accordi aziendali e territoriali, un aumento degli ispettori e controlli con sanzioni più incisive. Per la UIL va introdotto il reato di ‘omicidio sul lavoro’. Le imprese che non rispettano le norme e che non investono in sicurezza non devono partecipare agli appalti”.
“Troppe famiglie restano sole di fronte alle tragedie. Serve un sistema che assicuri giustizia e responsabilità”.
L’obiettivo è chiaro: “Zero morti sul lavoro”. Come ha ripetutamente chiesto la UIL con il segretario generale Pierpaolo Bombardieri, il Governo è chiamato a intervenire con tempestività, affinché la vita dei lavoratori e delle lavoratrici non sia subordinata a logiche di profitto.
“Non bastano più le dichiarazioni di principio, anche la Regione deve accelerare con misure concrete ed efficaci. Ogni giorno di ritardo significa altre vite spezzate”.
In Emilia-Romagna, nel primo semestre del 2025 si sono registrate oltre 34.693.026 ore di ammortizzatori sociali (cassa integrazione e fondi di solidarietà) autorizzate dall’Inps. L’incremento è del +21,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. Lo studio, curato dall’Ufficio Studi Uil, non comprende Fsba (artigianato) né il fondo somministrati.
Guardando alla Cassa integrazione ordinaria, l’aumento è dell’11,7%, con oltre 20,8 milioni di ore (erano 18,7 milioni nel 2024): un segnale di nuove difficoltà temporanee e aziende che entrano in crisi. La Cassa integrazione straordinaria cresce invece del 38%, sfiorando i 13 milioni di ore (contro 9,4 milioni nel 2024), a conferma dell’aumento di crisi strutturali e riorganizzazioni aziendali.
Nel dettaglio provinciale, il quadro è eterogeneo: la maggior parte delle province registra un aumento delle ore di cassa integrazione. Ecco i principali dati per provincia:
«La Uil denuncia la mancanza di una vera strategia industriale nazionale – dichiara Marcello Borghetti, segretario Uil Emilia-Romagna – capace di governare le transizioni tecnologiche e tutelare il lavoro stabile e i redditi. I dati crescenti sulla cassa integrazione e sul rallentamento produttivo segnalano una crisi strutturale, non contingente. Serve un cambio di passo che metta al centro la qualità del lavoro, la tenuta sociale e le prospettive del sistema produttivo».
«L’accordo tra UE e USA sui dazi al 15% – prosegue Borghetti – suscita forti perplessità e resta incompleto: auto e componentistica, settori strategici soprattutto per l’Emilia-Romagna, restano esclusi, alimentando incertezza. L’export regionale verso gli Stati Uniti supera i 10 miliardi di euro, coinvolgendo oltre 6.000 imprese e migliaia di lavoratori a rischio».
La Uil, attraverso il segretario generale, PierPaolo Bombardieri, ha più volte richiesto un confronto urgente con il Governo per definire interventi concreti a tutela del sistema produttivo. Le priorità sono difendere occupazione, redditi e contrattazione collettiva; vincolare gli aiuti pubblici alla salvaguardia dell’occupazione; orientare le transizioni con responsabilità sociale, attraverso politiche industriali, politiche attive del lavoro, percorsi di formazione e strategie di riqualificazione.
Servono politiche di rilancio dei redditi basate su un alleggerimento fiscale per lavoratori e pensionati, il rinnovo dei contratti nazionali, la rivalutazione delle pensioni e il rilancio del sistema sociosanitario.
«Per questo – conclude Borghetti – abbiamo chiesto al Presidente della Regione di rilanciare il Patto per il Lavoro, con l’obiettivo di rafforzare l’occupazione di qualità, la sicurezza sul lavoro e rimettere le persone, la dignità e la giustizia sociale al centro dell’agenda politica».
Un impegno comune contro le violenze e le molestie di genere, rivolto in particolare a quelle consumate nei luoghi di lavoro.
Regione Emilia-Romagna e le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil hanno sottoscritto un protocollo d’intesa per l’avvio di un percorso sperimentale gratuito di ascolto e supporto, rivolto a lavoratrici e lavoratori vittime di molestie e violenza sul lavoro, con particolare attenzione a quella di genere.
L’accordo è stato sottoscritto per la Regione dalla direzione generale Cura della Persona, Salute e Welfare su indirizzo dell’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi, dell’assessora alle Pari opportunità, Gessica Allegni, e dell’assessore al Lavoro, Giovanni Paglia. Firmatari per i sindacati Isabella Pavolucci (Cgil Emilia-Romagna), Orietta Ruccolo (Cisl Emilia-Romagna) e Daniela Brandino (Uil Emilia-Romagna).
«La violenza e le molestie nel mondo del lavoro non sono in alcun modo tollerabili. Come stabilito a livello internazionale, costituiscono un abuso dei diritti umani, minacciano le pari opportunità e sono incompatibili con il concetto di dignità della persona- sottolineano Allegni, Fabi e Paglia-. Causano ripercussioni enormi sulla salute psicologica e fisica di chi le subisce: troppe donne, in particolare, escono dal mondo del lavoro o sono costrette a rimanerci in posizione di inferiorità e subalternità proprio a causa di questo vergognoso fenomeno. Il protocollo istituisce uno spazio sicuro di ascolto, un aiuto concreto e percorsi personalizzati di sostegno psicologico e sanitario per tutte le vittime. È il risultato di un proficuo lavoro di squadra insieme ai sindacati, che in prima linea si battono per la difesa dei lavoratori e delle lavoratrici. Con loro vogliamo investire sulla prevenzione, sul rafforzamento della rete di protezione e la creazione di luoghi di lavoro più sicuri, rispettosi e liberi da ogni forma di abuso».
«Come Organizzazioni sindacali abbiamo promosso e fortemente voluto questo strumento – sottolineano Pavolucci, Ruccolo e Brandino– e ringraziamo la Regione per la disponibilità a definire questo primo step operativo, attraverso la sperimentazione del supporto alle vittime di violenze o molestie di genere sul luogo di lavoro, con il fattivo contributo dei nostri Dipartimenti per le politiche di genere, ma con lo sguardo rivolto a futuri ampliamenti. Tanto è stato fatto- proseguono-, in particolare con la contrattazione, ma molto si può, e si deve ancora fare, soprattutto accrescendo la consapevolezza da parte dei lavoratori e delle lavoratrici che non devono sentirsi soli, sollecitando le aziende a farsi parte attiva per la prevenzione e contrasto ad ogni forma di violenza e rafforzando la rete delle collaborazioni. Per questo valutiamo importante la sinergia attivata con la Regione per dar concretezza al Protocollo: su questo aspetto la previsione di una formazione condivisa è sicuramente un elemento innovativo e convincente».
L’iniziativa si inserisce nel solco della Convenzione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n.190, ratificata dall’Italia con la Legge n. 4/2021, che promuove un approccio inclusivo e integrato per prevenire e contrastare questi fenomeni, riconoscendo come essi colpiscano in modo sproporzionato le donne. Il contrasto alla violenza e alle molestie nei luoghi di lavoro è, inoltre, un obiettivo chiave del Piano regionale contro la violenza di genere e del Piano regionale della Prevenzione 2021-2025 della Regione Emilia-Romagna, per quanto riguarda le azioni in tema di tutela della salute dei lavoratori e nello specifico della prevenzione dei rischi psicosociali, delle molestie, violenze e aggressioni nei luoghi di lavoro.
I contenuti del protocollo
Il protocollo prevede l’attivazione di un percorso sperimentale di ascolto e supporto di lavoratrici e lavoratori vittime di molestie o violenza di genere sul lavoro realizzato attraverso i Consultori familiari, in collaborazione con le strutture di psicologia delle Aziende Usl. Le Organizzazioni sindacali individueranno referenti dedicati che forniranno informazioni e faciliteranno l’accesso ai servizi da parte delle persone interessate. I Consultori rappresentano il contesto più idoneo per affrontare i problemi di salute diretti e indiretti causati dalle molestie: qui gli psicologi valuteranno l’opportunità di prendere in carico le vittime.
Il percorso sarà preceduto e accompagnato da attività formative organizzate dai Servizi di Prevenzione e Sicurezza Ambienti di Lavoro (Spsal) delle Ausl, rivolte a sindacalisti e operatori sanitari: l’obiettivo è rafforzare la rete di supporto e promuovere una maggiore consapevolezza sul benessere organizzativo, sulla prevenzione, sui percorsi di assistenza e cura esistenti.
Entro il 2025 è previsto un primo incontro formativo congiunto per presentare ufficialmente l’avvio del progetto e organizzare iniziative di divulgazione per garantire la massima diffusione del percorso attivato.
Il tema è già stato affrontato dalle parti: Cgil, Cisl e Uil Emilia-Romagna se ne sono occupate attraverso la contrattazione e l’attivazione di sportelli e servizi di patronato dedicati, mentre la Regione ha implementato misure per le donne vittime di violenza nei Consultori familiari e ha potenziato gli ambulatori specialistici di Medicina del lavoro.
Il protocollo avrà durata triennale e potrà essere rinnovato o modificato in base agli esiti della fase sperimentale. Prevede poi un monitoraggio annuale dei risultati ottenuti. Servirà a valutare la possibilità di rendere strutturale e permanente l’iniziativa, estendendola anche ad altre forme di violenza sul lavoro oltre a quella di genere.
Dichiarazione del segretario generale Uil ER, Marcello Borghetti e del coordinatore Uil Bo e Città Metropolitana con delega alle politiche abitative, Manuel Michelacci su affitti
I dati parlano chiaro. Gli affitti continuano a salire, gli alloggi si riducono. A Bologna si arriva a 1.150 euro al mese. A Modena l’affitto incide sul reddito per il 43,5%. E intanto, le case vengono dirottate verso i turisti. La UIL Emilia-Romagna lancia l’allarme: «Servono regole, serve giustizia sociale. È ora di prendere una decisione».
Uno studio della UIL (Scarica qui lo studio) fotografa una realtà insostenibile: Bologna è la nona città in Italia per incidenza del canone sul reddito (36,8%), con oltre 6.700 alloggi presenti sulle piattaforme di affitti brevi. Si tratta di case che, nei fatti, spariscono dal mercato residenziale.
A Modena il fenomeno cresce ancora più rapidamente: +13,3% solo nei primi mesi del 2025. «Stiamo aspettando una legge regionale, ma intanto le città si svuotano e i lavoratori vengono spinti fuori».
Serve una svolta. La UIL lo chiede da anni. Occorre:
«Una licenza, un alloggio calmierato». Questa è la proposta della UIL per tenere insieme coesione sociale e vocazione turistica delle città. I territori devono raggiungere una quota minima di canoni concordati per permettere nuovi affitti brevi turistici.
Gli affitti a canone concordato non sono beneficenza: sono una scelta di equità. Per chi lavora, per chi studia, per chi vuole vivere in città senza essere tagliato fuori.
“Non basta il criterio dei residenti. Serve più coraggio. Dopo tanti studi, vogliamo risposte concrete.”
La UIL Emilia-Romagna porterà questa proposta sui tavoli regionali. Perché la casa è un diritto e occorrono scelte pragmatiche e urgenti.
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